I presupposti per la riduzione dell’assegno di mantenimento
L’art. 710 del codice di procedura civile prevede la possibilità di ricorrere al Tribunale al fine di ottenere una modifica delle condizioni pattuite in sede di separazione (o di divorzio).
Tra le suddette condizioni, assume particolare rilevanza l’aspetto relativo all’assegno di mantenimento.
In tempi di crisi come quelli attuali, nei quali il tenore di vita delle persone è calato drasticamente e le difficoltà economiche sono all’ordine del giorno, assume particolare interesse la circostanza che il nostro ordinamento consenta di ottenere, tramite il Tribunale, una riduzione (ma anche l’aumento) dell’assegno di mantenimento, sia a favore dell’ex coniuge che dei figli.
La legge parla di “giustificati motivi” in presenza dei quali il giudice può, su richiesta del coniuge obbligato, aumentare o diminuire il quantum dovuto. Tali motivi sono, a titolo di esempio:
– Notevole incremento reddituale del coniuge beneficiario dell’assegno (colui che riceve l’assegno);
– Riduzione delle complessive risorse economiche del coniuge obbligato a versare l’assegno;
– Nascita di figli per il coniuge obbligato, e quindi la formazione di un nuovo nucleo familiare;
– Assunzione lavorativa (anche in nero) del coniuge beneficiario dell’assegno;
– Stato di disoccupazione dell’obbligato;
– Nuova convivenza del beneficiario;
– Svalutazione monetaria se prevista espressamente dai coniugi in sede di separazione consensuale.
Il procedimento di revisione e riduzione dell’assegno di mantenimento, che si svolge nel pieno contraddittorio delle parti, è piuttosto celere e si conclude con un decreto contro il quale è eventualmente possibile proporre reclamo entro dieci giorni.
Le parti non possono rivedere l’assegno di mantenimento unilateralmente e senza ricorrere al Tribunale per mezzo di un legale.
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